La scuola italiana è ogni giorno al centro di polemiche: crocefissi, ore di islam, grembiulini e bullismo tengono banco su telegiornali e prime pagine dei quotidiani. Il mondo giovanile e studentesco appare sfocato, sullo sfondo di tanti pseudo-dibattiti televisivi, buoni non tanto per approfondire gli argomenti trattati quanto per fare audience, magari con l’ennesima rissa o con l’esibizione di populistica maleducazione del potente di turno. Molto al di là dei prevedibili pareri degli opinionisti di regime, oltre i commenti dello psicologo di turno, sotto gli slogan ministeriali, si nascondono invece i problemi di un’istruzione pubblica allo sfascio, senza risorse, incapace di offrire valide prospettive agli studenti di oggi. Una scuola di cui nessuno realmente parla.
Il ministro dell’istruzione Gelmini nominalmente si è proposta come paladina del merito e della qualità; ma alle dichiarazioni di principio sono corrisposti solo fiumi di atti, circolari, decreti e regolamenti (tra l’altro pieni di contraddizioni, errori e incongruenze) con l’unico vero scopo di mettere in pratica un mastodontico taglio di risorse a cui Tremonti ha sottoposto la scuola, l’università e la ricerca.
Tale ‘cura dimagrante‘ imposta a un malato già privo di forze e da anni abbandonato a se stesso, non poteva che causare un rapido e ulteriore deperimento del nostro sistema di istruzione e formazione: le scuole non riescono più a svolgere le attività minime, gli studenti sono costretti a pagare di tasca propria i corsi di recupero, rimangono solo i docenti anziani mentre vengono chiusi i laboratori negli istituti professionali.
Sul web (e molto poco sui giornali) ci si chiede, con interpretazioni più o meno informate, più o meno ideologizzate, quale sia il senso di questa confusa azione di governo, se sia ripristinare la scuola di classe, riesumare la mai sepolta riforma Moratti e imporre un modello aziendalista alle scuole e alle università.
A noi sembra che l’intenzione del governo sia piuttosto semplice, oltreché arida: tagliare indiscriminatamente risorse, lasciare che le scuole cadano letteralmente a pezzi, azzerare la qualità della scuola elementare [unica eccellenza senza sprechi di un sistema nel complesso sprecone e dai bassi risultati].
Licenziare i docenti, non spendere un euro per la loro formazione, svendere le università pubbliche, non significa creare un modello di istruzione diverso o alternativo da quello esistente o da quello propugnato (quale?!?!) dalla fantomatica “sinistra”; significa semplicemente approfittare della crisi per liquidare qualsiasi impegno del pubblico nella formazione dei cittadini, privandoli non solo della scuola, dell’università e della ricerca, ma anche di quel sistema di formazione permanente che l’Europa individua come uno degli elementi fondamentali per il welfare di un Paese, e che in Italia invece non è mai nato.
La scuola e l’università non consentono ai giovani di acquisire valore sociale, non forniscono un valido bagaglio di competenze e conoscenze con cui affrontare il mondo del lavoro, non permettono di affrancarsi dalla propria condizione di partenza attraverso lo studio: questi progetti, appartenuti ai nostri genitori e ai nostri nonni, per noi rischiano di rimanere solo un sogno.
Alla promozione sociale, alla ricerca, allo studio e allo sviluppo tecnologico, ai diritti e alle garanzie costituzionali, si sostituiscono i privilegi, le raccomandazioni, i meccanismi mafiosi: la precarietà è un presupposto per rendere tutti ricattabili e potenzialmente prostituibili.
Se si pensa a una società, a un mondo di tal genere, se lo si pensa come giusto o inevitabile, è normale che la scuola e l’università appaiano semplicemente come dei costi inutili, da tagliare. Per noi tale visione non solo non è giusta, ma non vogliamo proprio vederla realizzata sulla nostra pelle.
Ecco perché la Rete degli Studenti continua con le mobilitazioni nelle scuole e nelle piazze, sottolineando il diritto allo studio come diritto fondamentale per la costruzione del nostro futuro. Il 17 novembre, giornata mondiale di mobilitazione studentesca per il diritto allo studio, manifesteremo in tutta Italia con cortei e iniziative culturali.
Gli studenti sono delusi e stremati dal teatrino ministeriale e mediatico: hanno bisogno di nuove speranze, vogliono dare voce al loro dissenso e alla voglia di cambiamento, che cova sotto la falsa vetrina delle notizie di colore e delle polemiche che oscurano il vero stato della scuola italiana e le prospettive degli studenti.